11,12-7-2009 Gran Trail Valdigne Stampa
Scritto da rg   
Lunedì 13 Luglio 2009 18:50
Rieccomi qui a Courmayeur, sono già passati due anni da quando ho corso il mio primo trail in questo ambiente superbo…


Al ristoro di Morgex

 

Dicevo, sembra ieri eppure sono già due anni da quando, pieno di dubbi e di incognite, ero alla partenza del Gran Trail Valdigne [Link]. La giornata è altrettanto spettacolare, i partenti sono aumentati (quasi 700 compresi gli iscritti alla prova “meno lunga” di 45 km), il percorso ha subito qualche ritocco all’inizio e in un tratto della seconda ascesa. Alle 10 in punto di sabato si parte dopo un doveroso ricordo dell’indimenticabile “Colonnello” Giorgio Simonetti. Si parte e rispetto al 2007 ho nella mia testa e nello zaino sulle mie spalle un briciolo in più di esperienza che ho maturato in altri trail.
Pronti via e il “serpentone” degli atleti riempie di colori le vie di Courmayeur. Dopo circa un km i due percorsi si separano. Per noi della 87 km si comincia a salire ma la temperatura è ideale. Parto cauto memore di quanto sia impegnativa la prima salita: circa 1500 m di dislivello in poco più di 6 km. Man mano che si sale le chiacchiere tra gli atleti si trasformano in un silenzio rotto solo dal respiro affannato. La fatica è però resa più sopportabile dallo splendido scenario che si apre davanti ai nostri occhi: dalle Grandes Jorasses a tutte le altre vette del massiccio del Bianco.
Dopo circa due ore eccomi al Col Licony (2670 m, 8 km) al culmine di un tratto decisamente ripido. Finalmente si scende e si passa accanto allo spettacolare Lago di Licony. La discesa è lunga ma ecco che a Licony ci si può idratare al ristoro. Ora è obbligatorio avere con sé un bicchiere o qualcosa per bere poiché dai rifornimenti sono spariti i normali bicchieri di plastica, riducendo così l’impatto sull’ambiente di queste gare.
Segue un tratto decisamente corribile e le gambe possono “girare” al meglio. Si arriva a Planaval (1750 m, 18 km) e si “fa il pieno” per la successiva ascesa. Si risale dapprima in piano la Comba di Planaval poi deviazione a destra e… comincia la vera rampa, un tratto mica tanto breve ma con pendenze da urlo! Quando finalmente la traccia si adagia su una più comoda e pianeggiante mulattiera ecco che dalla fronte matida di sudore scaturisce il pensiero ad un libro scritto dal mio omonimo Riccardo Cassin, grande alpinista lecchese: “Dove la parete strapiomba” e che decido di adattare in “Dove la salita s’impenna”. Sosta al ristoro e poi si risale fino alla Punta Fetita (2623 m, 27 km). Appena comincia la discesa ecco uno splendido panorama da togliere il fiato… Ma lo sguardo al fondovalle riporta subito alla realtà: bisogna scendere fino a Morgex, perdendo 1700 m di dislivello duramente “conquistati”. Il sentiero è però bello e decisamente corribile. I due rifornimenti a Charvax e a La Salle permettono di tirare un attimo il fiato e di rilanciare l’andatura. Ora però comincia a farsi sentire anche il caldo.
Si torna a calpestare l’asfalto, preludio del ricco ristoro di Morgex (939 m, 44 km), prima vera tappa intermedia della gara, dopo ormai 7 ore di marcia. Qui mi accolgono gli incitamenti della mia tifosa speciale Elena. Mi fermo un poco al rifornimento, bevo un brodo corroborante e ricarico la sacca del Camel Bag. Riparto promettendo che ci rivedremo all’arrivo e dentro di me aggiungo “spero nel minor tempo possibile, così non dovrai farti le ore piccole…”.
Si esce da Morgex, tratto pianeggiante buono per digerire il pasto, seguito da un nervoso sali e scendi che ci porta a Pre’ St. Didier (1020 m, 49 km): veloce rinfrescata nella fontana e concentrazione rivolta alla successiva e lunga salita.
Dopo 6 km di tratti di ripido sentiero alternati a più abbordabili carrarecce, eccoci arrivare al ristoro di Arpy (1670 m, 55 km) dove purtroppo trovo alcuni atleti che decidono di fermarsi. Io sgranocchio qualcosa e riparto bello pimpante. Il prossimo passaggio è al Lago di Arpy anche se me lo ricordavo meno distante. Da qui comincia il tratto di sentiero che conduce al Col Croce (2381 m, 62 km) e con il forte vento a farci compagnia: ma anche la terza salita è oramai alle spalle!
I militari ci porgono un the a dir poco bollente ed ecco ora da affrontare i quasi 1000 m di dislivello in 5 km che portano a La Thuile (1441 m, 67 km). Entro al ristoro alle 21:05, mi cambio indossando abiti asciutti e più pesanti e buttando nello stomaco una bella pasta in brodo. Frontale in testa e via verso l’ultima ascesa. Cammino quasi un’ora senza il bisogno di luce artificiale, godendomi lo spettacolo dell’orizzonte ricamato dalle alte vette. I paesi nel fondovalle si illuminano di luci sempre più numerose e che si allontanano sempre di più. A malincuore mi rassegno ad accendere il frontalino e so che lo spegnerò a Courmayeur.
Il passo si fa stanco e si procede con un’andatura quasi automatica, la mente vaga tra mille pensieri ma la motivazione è sempre alta. Raggiungiamo il ristoro di Youlaz dove un bel the caldo è proprio quello che serve. Risaliamo la valle solcata dal torrente Youlaz accompagnati dal rumore delle acque, dalle balisse catarifrangenti e dal cielo ammantato di brillanti stelle. Ad un certo punto si vede il Col dell’Arp illuminato da luci artificiali. Rappresenta la fine della salita. Sembra quasi a portata di mano ma la strada per raggiungerlo è ancora lunga. Il passo si fa sempre più faticoso ma ora entra in gioco la testa che “comanda” alle gambe di smettere di lamentarsi e di procedere fino alla meta.
Finalmente ecco raggiunto il Col dell’Arp (2571 m, 77 km), ora non è più un miraggio. Un bel the caldo e via, è tutta discesa. Prendo con cautela e prudenza il primo tratto, sempre attento a non perdere di vista le balisse. Anche se ogni tanto il mio sguardo viene rapito dalle montagne illuminate dalla luna. Raggiunta la strada ponderale so che le difficoltà tecniche sono ormai concluse e non resta che trascinarsi a Courmayeur. Dopo aver patito un po’ il primo tratto di discesa, ora le forze sembrano essere tornate, probabilmente perché sento il traguardo ormai vicino. Corro, corro veloce, giù per le ripide serpentine nel bosco, vedo le luci del paese avvicinarsi sempre di più.
Ecco di nuovo l’asfalto, le case addormentate in questa notte magnifica, il silenzio rotto solamente dai passi pesanti di noi trailers, in apparenza “conquistatori dell’inutile” (espressione cara all'alpinista francese Lionel Terray), ma felici di esserlo.
Ecco la voce dello speaker, ultima curva, lo striscione d’arrivo, gli incitamenti, i bastoncini al cielo: è fatta anche stavolta! Un bacio, dai Elena, ti ho fatta stare sveglia solo fino alla una di notte…
Quasi 15 ore di sublime fatica, la doccia lava il sudore e la terra ma non cancella certo le gioie, la fatica e l’intima soddisfazione di aver portato a termine questa avventura.
Ciao Monte Bianco, a presto…

Riccardo Ghislanzoni

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Ultimo aggiornamento Martedì 14 Luglio 2009 06:51